Non sempre gli interessi sui prestiti possono essere detratti, ecco quando

Se vi è stato detto che gli interessi sui prestiti possono essere detratti dalle imposte, vi è stata riferita una circostanza che è solo parzialmente vera. Cerchiamo di capire perché. I prestiti personali, essendo destinati a necessità che sono – appunto – personali, per il fisco non hanno diritto a sconti di alcun genere. Il solo caso in cui è possibile usufruire di sconti, e quindi, detrarre gli interessi sui prestiti  è rappresentato dai prestiti che hanno a che fare con attività lavorative: per questo, è indispensabile che i finanziamenti siano necessari per l’acquisto di un bene finalizzato a un’attività professionale.

 

interessi sui prestitiEcco, quindi, che un privato non ha mai diritto al rimborso di una parte degli interessi sui prestiti personali attraverso le detrazioni fiscali. Diverso è il caso per i liberi professionisti e per i lavoratori autonomi (ma vale anche per le ditte individuali), visto che la detrazione degli interessi passivi è ammessa per i prestiti che sono stati sottoscritti per svolgere l’attività lavorativa. Nell’eventualità in cui si debba far fronte alla necessità di una cifra consistente, da destinare solo parzialmente all’attività professionale, il suggerimento è quello di dividere il prestito in due: da un lato quello che ha a che fare con esigenze personali, o comunque non lavorative, e dall’altro lato quello che ha a che fare con esigenze lavorative, e quindi che ammette le detrazioni.

 

Per quel che riguarda i prestiti e i mutui agrari, gli interessi pagati possono essere detratti per una somma uguale o inferiore alla somma del reddito agrario e del reddito dominicale che vengono dichiarati. In questa somma è necessario includere anche la quota di reddito dominicale e agrario, eventualmente presente, che corrisponde alla quota di partecipazione in società di persone impegnate nell’attività agricola.

 

Va ricordato che la detrazione per i prestiti che la ammettono nel caso dei mutui non riguarda solo gli interessi, ma compete anche per le quote di rivalutazione che derivano da clausole di indicizzazione e per gli oneri accessori (per esempio, le imposte catastali, le spese di mediazione immobiliare e l’onorario che spetta al notaio).