Pensioni: metodo retributivo o contributivo?
La Riforma Fornero del 2012 introdotta con la Legge n. 92 del 28 Giugno 2012, e parte del decreto legge Salva Italia varato dal governo Monti a fine del 2011, ha apportato numerose modifiche in ambito pensioni. Scelte fatte per il continuo aumento della Speranza di Vita ma soprattutto per contenere la spesa previdenziale in Italia e tamponare il rischio, allora concreto, di default finanziario. Oltre ad avere innalzato l’età di pensionamento dovuto appunto all’allungamento della vita, ha introdotto un’importante novità nel calcolo della pensione stabilendo la fine definitiva del metodo retributivo e l’inizio del metodo contributivo.
Pertanto, dal 1° Gennaio 2012 il metodo contributivo è diventato l’unico metodo di calcolo per la pensione. La Pensione viene così calcolata in base ai versamenti effettuati dal lavoratore e non agli ultimi stipendi percepiti. La Riforma è stata sempre molto criticata per questo passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo ma ha solo accelerato di qualche anno un passaggio che era già previsto anche dalla riforme precedenti. Il cambiamento nelle modalità di calcolo è risultato favorevole per la finanza pubblica garantendo un risparmio sulle uscite per prestazioni previdenziali.
Nulla è cambiato per chi era già in pensione ma chi per chi era prossimo alla pensione e che avrebbe avuto una pensione calcolata del tutto con il metodo contributivo, si è visto ricalcolare la pensione con il metodo contributivo per la quota di anni di lavoro che ancora gli restano. Insomma il metodo retributivo sopravvive ancora in parte ma solo per chi aveva già 18 anni di contributi nel 1995, un numero di lavoratori sempre più esiguo.
Quali sono le differenze tra i due metodi?
I due metodi di calcolo della Pensione si basano su criteri profondamente diversi tra loro.
Con il metodo retributivo, indubbiamente il metodo preferito dai pensionati, l’importo della Pensione veniva calcolato sulla media dei redditi degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti e degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi, nella misura del 2% di questa media per ogni anno di contribuzione.
Invece con il metodo contributivo tutto cambia. L’importo della Pensione oggi viene calcolato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa. L’ammontare dei contributi, ossia il montante contributivo, viene rivalutato in base all’indice Istat delle variazioni del Pil calcolate ogni 5 anni e moltiplicato poi per il coefficiente di trasformazione, ossia l’insieme dei valori che concorrono al calcolo della Pensione con metodo contributivo e variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale. Il coefficiente di trasformazione veniva aggiornato ogni 3 anni ma a partire dal 2019 verrà aggiornato ogni 2 anni.